L’unione delle forze di due band come Primitive Man e Unearthly Trance in uno split sicuramente sarà stato un desiderio che almeno una volta avrà sfiorato le fantasie musicali più oscure dei fans del panorama estremo sludge doom metal, brama che il 17 agosto 2018 è diventata concretezza con l’uscita dell’omonimo split delle due band americane via Relapse Records. Seppur in direzioni diverse i due gruppi hanno segnato un solco profondo nella scena di appartenenza, alzando l’asticella riguardo a quanto un genere musicale possa essere dilaniante, oscuro ed annichilente, contribuendo alla sperimentazione rivolta a tali principi. Lo split proposto dai due giganti della scena americana risulta pertinente riguardo a mood, seguendo un filo conduttore dettato dall’imperiosità di composizioni abissali e monolitiche, ma che risulta totalmente eterogeneo nel modo in cui questa ispirazione viene espressa, difatti circoscrivere un’opera di tale entità in un preciso genere sarebbe fuori luogo, dato che il nucleo di interesse fondamentale è condiviso da entrambe le band, ma le diramazioni che partono da esso sono più che molteplici.
Sul fronte Primitive Man, prima metà dello split, lo stile è più dedito alla sperimentazione per cui il power trio di Denver è rinomato e a cui ha abituato il proprio pubblico da tempo, anche con una serie di split di assoluto prestigio tra cui si annoverano nomi quali Hexis, Fister ed Hessian per nominarne alcuni. Il territorio sonoro dei colossi dello sludge dal Colorado sconfina nelle ombre del black metal ma soprattutto nel noise. A fare da portabandiera di quest’ultimo genere sono la traccia sviluppata in collaborazione con Unearthy Trance “Merging”, che vuole essere una fattiva congiunzione di forze che verrà dispiegata poi nel resto del disco, e “Love Under Will”, entrambe esempi brillanti di samples, elaborazione elettronica e sound fx di carattere totalmente psicotico e disturbante, tra fasce di pink noise, feedback e droning profondo supportate da samples, anche vocali, distorti, pitchati all’estremo, contorcendo la materia sonora su se stessa, spingendola così al limite della saturazione fino a sfociare nella rarefazione della stessa. Non è un mistero che il cantante chitarrista Ethan Lee McCarthy sia anche un esperto fautore dell’elettronica, a conferma di ciò una spettacolare live featuring al synth con gli Indian avvenuta durante l’ultimo Psycho Las Vegas.
“Naked”, traccia rilasciata come singolo, poi inserita nello split, è l’unica manifestazione in cui è possibile godere della piena espressione musicale del trio di Denver. Se da una parte il fan avido di nuovi brani potrebbe storcere il naso etichettando come pecca l’aver voluto inserire “Naked” come unica traccia suonata da tutti e tre i componenti della band, dall’altra, razionalmente, la scelta di voler esibire un trittico di brani di cui due di puro noise estremo è assolutamente pertinente, specialmente guardando il quadro complessivo del disco. Oltretutto la durata di 10:37 della traccia non dovrebbe lasciare affamati neanche gli ascoltatori più famelici, racchiudendovi tutti i tratti peculiari per cui la band è nota. Il main riff entra in scena dopo quasi tre minuti di feedback, droning e suoni di background che creano una tensione che si getta in un arpeggio dal sapore black metal. Encomiabile come di consueto è il lavoro svolto dal bassista Jonathan Campos, che scaraventa monoliti di materia sonora come a voler specificare nuovamente l’intenzione di voler scuotere le interiora dell’ascoltatore con ogni singola nota eseguita. Sezione ritmica arricchita dal batterista Joe Linden che fornisce delle fondamenta solide, ritmicamente minimaliste ma estremamente efficaci ai fini dell’espressione caratteristica proposta dalla band. A coronare l’esperienza musicale offerta dai Primitive Man ci sono la chitarra e la voce del già citato Ethan, maestro di dissonanze e voce tirannica della band, tra le più abissali e di imperitura violenza che la scena possa vantare. Il brano segue uno svolgimento in cui si evince la consapevolezza e totale maturità del power trio di Denver.
E se la prima metà del disco è dominata dallo sludge metal più cavernoso e concettuale dei Primitive Man, nella seconda parte dello spilt è la volta degli Unearthly Trance, sempre nella formula power trio, sempre grandiosi contributori del genere, nonché, anch’essi, band già navigata, con alle spalle una discografia cospicua ed anche in questo caso costellata di split notevoli come nel caso di collaborazioni con Ramesses, Volition e Wooden Wand per citarne alcuni. La band di New York esibisce quattro tracce di sludge metal energico che non fa prigionieri e che, rispetto ai compagni di split, predilige un approccio più elaborato riguardo il songwriting, ma che non scade in fronzoli, andando nondimeno dritto al punto. La voce del cantante chitarrista Ryan Lypinsky è viscerale, dinamica e non conosce crisi in qualsivoglia registro, a suo supporto un comparto tecnico di effetti, quali riverberi, delay, modulazioni e distorsioni che sapientemente rendono le vocals di questa metà di disco un elemento di assoluto rilevo e una delle scelte artistiche più azzeccate dell’intero lavoro. Se già dalla prima traccia “Mechanism Error” si evincono le qualità vocali di Ryan, una menzione d’onore va anche al basso di Jay Newman, sia per solidità che per grandiosità nella ricerca del suono, roccioso come pochi, estremamente distorto ma comunque perfettamente intellegibile, caratteristiche particolarmente apprezzabili in “Reverse the Day”, dove lo strumento ha un ruolo di particolare rilievo, portando avanti il brano e sostenendo le acrobazie della chitarra effettata e dell’elettronica in background. Complice dell’efficacia della traccia di basso è sicuramente anche una produzione di altissimo livello fondamentale per l’offerta sonica proposta in questo disco. La batteria di Darren Verni è movimentata, ricca di fill, non disdegnante passaggi acrobatici sui tom e ritmi ricercati, particolarmente apprezzabili in “Triumph”. La traccia di chiusura “418” sfocia nel noise e negli oscuri sound fx, dominati dalla voce distorta di Ryan, che riprendono il filone concettuale già proposto da Primitive Man con due delle tre tracce dello split, chiudendo un ciclo di brani talmente trascinanti che faranno premere play immediatamente già dopo il primo ascolto.
La sensazione a fine disco è appunto quella di non averne avuto abbastanza nonostante tutto, come restando assorbiti da una realtà cruenta fatta di oscurità abissale e violenza psicotica ai limiti del disturbo. Questo split è un uscita di assoluto prestigio, come Relapse Records insegna, tra gli instant-classic del genere e si prefigura sia come portale di accesso per l’ascoltatore che vuole una panoramica ampiamente dettagliata sul genere, che come ulteriore perla nell’abbondante discografia di Primitive Man e Unearthly Trance, capace di soddisfare anche l’ascoltatore che ha già varcato la soglia di non ritorno di uno dei generi più fuori dal comune ed interessanti che il panorama estremo ha offerto da molti anni a questa parte. Traccia preferita: “Naked”.
(Relapse Records, 2018)
1. Primitive Man & Unearthly Trance – Merging (Intro)
2. Primitive Man – Naked
3. Primitive Man – Love Under Will
4. Unearthly Trance – Mechanism Error
5. Unearthly Trance – Triumph
6. Unearthly Trance – Reverse The Day
7. Unearthly Trance – 418